Maria Luisa Pozzi - MioDottore.it

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angiomi rubino

Puntini Rossi sulla pelle? Riconosci gli Angiomi Rubino

Sul tuo corpo hai notato delle macchioline rosse sopraelevate e non sai cosa siano? Non allarmarti sin da subito ma inizia a chiamarle con il loro nome scientifico, cioè, angiomi rubino. Queste sono delle escrescenze che si differenziano dai nei per il loro colore rosso scarlatto. Si formano quando vi è una proliferazione eccessiva di capillari sanguigni, quindi, si tratta di un emangioma.

A soffrire dell’angioma rubino, generalmente, sono le persone che hanno una carnagione chiara, quindi, molto più delicata e maggiormente esposta ai pericoli del sole e non solo. Tali escrescenze si manifestano come dei normali nei e, in seguito, assumono la forma di una cupola. Il loro diametro può anche avere di contorni irregolari. Scopriamo, quindi, qualcosa in più su questi strani puntini e quando è necessario preoccuparsi.

Angioma rubino: che cos’è

L’angioma rubino, come abbiamo già anticipato, si forma sulla pelle e dà vita ad un’escrescenza di colore rosso vivo. All’interno presenta un’alta concentrazione di vasi sanguigni e capillari, il cui diametro, molto spesso, è di soli pochi micron. Tali dotti danno alla pelle questa colorazione rossiccia. Molto spesso vengono chiamati anche nei rossi ma, ovviamente, c’entrano poco con tali escrescenze che possono rivelarsi, col tempo, pericolose.

Quando compaiono gli angiomi rubino?

Gli angiomi rubino possono comparire sin dalla tenera età. Prima di tutto si vede la formazione di piccole macchioline che, in seguito, aumentano di dimensione. La loro tonalità, quindi, diventa sempre più rossa poiché si verifica un’emorragia al loro interno. Non è raro che gli angiomi di questo tipo vengano fuori anche dopo i trent’anni.

Angioma rubino: le cause

L’angioma rubino si può originare per differenti cause, quindi, è necessario analizzarle una ad una, per comprenderli al meglio.

La genetica

Una delle cause di formazione dell’angioma è la genetica. Si nota, infatti, che il livello della molecola microRNA427 è più bassa in soggetti che sviluppano tale problema.

È bene dire che questa situazione si viene a creare nel caso in cui vi siano anche disordini di natura ormonale, intestinale o problematiche del fegato, quindi, malattie.

Assunzione di farmaci specifici

Qualora, in passato, siano stati assunti farmaci bromuri, altri adatti per l’asma, colite, ciclosporina e altri prodotti in grado di regolarizzare il sistema immunitario, l’angioma rubino può formarsi silenziosamente.

Esposizione al sole

Altre cause che possono incentivare a produzione di un angioma rubino è l’esposizione eccessiva al sole. L’invecchiamento cutaneo, infatti, crea un terreno fertile per queste macchie.

Angioma rubino: come si riconosce

Quando si forma un angioma di questo genere, oppure, quando è già sviluppato, di sicuro, non si avverte prurito o dolore. L’unico problema, però, è, essenzialmente, di natura estetica, soprattutto, se è posizionato in una parte visibile del corpo.

Come si forma l’angioma rubino

L’angioma, nella sua fase iniziale, si mostra come una serie di macchioline rosse della dimensione di pochi millimetri, in seguito, man mano che si sviluppa, arriva misurare anche un centimetro.

All’inizio lo si riconosce per la sua colorazione rosso ciliegia ma può anche avere qualche tendenza al violaceo. Alcune volte, invece, lo si vede di colorazione marrone e, in questo caso, non vi è fuoriuscita di sangue.

L’angioma polipoide

Particolare attenzione va data all’angioma polipoide. Si tratta di una serie di angiomi rubino che si raggruppano tra loro e ne formano uno. Non sono pericolosi per la salute umana, infatti, diverse ricerche hanno sfatato il mito secondo il quale questi possano trasformarsi in tumori della pella.

Un angioma, però, può produrre irritazione qualora la parte interessata sia soggetta a continuo sfregamento o sollecitazioni esterne.

Angiomi rubino: cosa fare quando si forma

Quando si è formato un angioma rubino, quindi, non bisogna eccessivamente preoccuparsi poiché non vi è il rischio che degeneri. Si ritiene opportuno, nella maggior parte dei casi, lasciarlo lì dov’è. Vi sono, però, altre situazioni in cui bisogna agire. Un esempio? Quando si trova in una parte visibile del corpo e questo provoca disagio sociale.

Angiomi rubino: quando e come eliminarli

Qualora l’angioma si rompa è bene rimediare a tale situazione. Vediamo, quindi, come intervenire con l’ausilio di uno specialista che provvederà all’asportazione.

Crioterapia

La crioterapia, in questi anni, è stata utilizzata per eliminare la presenza di angiomi rubino sul corpo. Questa tecnica procede a congelare i tessuti che sono interessati dal problema, quindi, li disintegra.

Escissione chirurgica

Utilizzando l’escissione è possibile eliminare l’angioma e non produrre episodi di sanguinamento.

Ablazione laser

Con l’ablazione, invece, si agisce sull’angioma utilizzando un colorante. Vengono utilizzate, inoltre, la termocoagulazione a radiofrequenza. In questo caso vi sono delle onde radio che vanno a colpire le molecole d’acqua presenti nella cute.

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Tricologia

Combattere la caduta dei capelli: cause e rimedi professionali

Caduta dei capelli: cause

Considerato da sempre un problema di pertinenza esclusivamente maschile, quello della caduta dei capelli è un fenomeno sempre più in diffuso anche nell’universo femminile. Se ti ritrovi in questa condizione, sappi che le cause del diradamento della chioma sono molteplici e possono essere di varia natura, alcune facilmente identificabili e altre no.

Tra queste tieni presenti:

  • la stagionalità, con picchi di perdita in primavera e in autunno, in quanto fasi preferenziali per il ricambio;
  • le sollecitazioni troppo intense della capigliatura con prodotti aggressivi, l’uso frequente di piastre ad alta temperatura, il ricorso periodico a permanente e a trattamenti chimici liscianti, l’utilizzo del phon troppo caldo o troppo vicino alle ciocche;
  • le diete troppo drastiche o sbilanciate, poiché non garantiscono il giusto apporto di nutrienti;
  • le malattie auto-immuni e le alterazioni ormonali, in particolar modo in riferimento ai livelli di testosterone e ad eventuali disfunzioni della tiroide, sia in eccesso che in difetto;
  • il prurito localizzato al cuoio capelluto, specialmente se costante, fastidioso e non associato ad infestazioni di parassiti;
  • gli stati depressivi acuti e l’esaurimento nervoso, associati sempre a un aumento smodato dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress;
  • soffrire di tricotillomania (strapparsi i capelli in seguito a uno stimolo ossessivo-compulsivo più o meno inconscio);
  • l’uso di farmaci, in particolar modo gli antibiotici, che inibiscono il corretto assorbimento delle vitamine e dei sali minerali;
  • il ricorso ai chemioterapici, con effetto fino a qualche tempo dopo la sospensione della cura;
  • le infezioni micotiche del cuoio capelluto, in quanto generano una perdita provvisoria di capelli (ad esempio, quelle da tinea capitis).

 

Quando la caduta dei capelli diventa patologica?

In determinati periodi dell’anno, avrai notato che un leggero aumento della perdita dei capelli è fisiologico e coincide con i periodi di aumento e calo repentino delle temperature, vale a dire in primavera e in autunno.

Inoltre, puoi considerare entro i limiti della normalità una caduta giornaliera non superiore alle 150 unità.

Oltre questo range e in momenti dell’anno lontani da quelli del ricambio, il diradamento della chioma assume un carattere patologico.

 

La diagnosi nella perdita dei capelli

In aggiunta ad un’accurata osservazione clinica, che evidenzia vari casi possibili come stempiatura, diradamento in una o più zone della testa, etc… puoi ricorrere a esami specifici che interessano sia la resistenza del capello che l’integrità del cuoio capelluto.

In particolare, ti sottoporrai a una valutazione dell’equilibrio idro-lipidico a livello della testa e del grado di acidità locale (pH), nonché al rilevamento di lesioni, eventuali infezioni micotiche e cause di prurito che provocano un diradamento temporaneo, ma evidente, della chioma.

Quando il problema è da cercare da un’altra parte?

Se nel tuo caso specifico il problema non sembra riconducibile ad altre cause evidenti come l’eccesso di tinture, di trattamenti chimici o un palese stato di stress, devi sottoporti ad analisi più approfondite.

Queste comprendono il rilevamento dei livelli ormonali, analisi del sangue complete, diagnosi di problemi al sistema nervoso o alla tiroide, etc…

Caduta dei capelli: i rimedi

La cura mira, in ogni situazione, a risolvere le cause della caduta dei capelli e, di conseguenza, ad arrestarla. Quando si trattasse di problemi dovuti a sollecitazioni meccaniche o a carenze vitaminiche, la soluzione è semplice: basta stressare meno i capelli o effettuare delle opportune correzioni alla dieta, ricorrendo anche a supplementi multi-vitaminici e, nei casi più gravi, a programmi di ri-alimentazione.

Se, invece, il disturbo non è altro che l’effetto di una patologia, il rimedio consisterà nel pianificare una cura insieme al tuo medico di fiducia e risolvere così la situazione.

Nell’ipotesi in cui il problema sia di pertinenza tricologica e non riconducibile ad altra eziologia, è indispensabile ricorrere al supporto di un professionista competente sul campo.

Le migliori cliniche effettuano diagnosi relative al capello e al cuoio capelluto con le più innovative tecniche di rilevazione e i mezzi più sofisticati, per risultati della massima precisione.

In base ai risultati degli screening, verrà studiato il trattamento più adatto alle tue esigenze. Solitamente, si tratta di rimedi adatti sia agli uomini che alle donne, come le terapie laser e a frequenza infrarossa per la stimolazione della ricrescita.

Hair filler, l’ultima frontiera nell’arrestare la caduta dei capelli

La dott.ssa Pozzi è specializzata in una tecnica efficace di ultima generazione, chiamata hair filler.

Il trattamento, assolutamente non invasivo, si esegue mediante micro-iniezioni a base di sostanze benefiche per la ricrescita dei capelli e la loro ridensificazione, come acido ialuronico, amminoacidi, antiossidanti e polipeptidi.

Grazie ad esse, verrà stimolata la riattivazione dei bulbi capilliferi e, di conseguenza, la ricrescita della chioma, rinforzando le lunghezze e agendo alla radice del problema.

Le sedute sono aperte, previo screening diagnostico, sia agli uomini che alle donne e danno risultati sorprendenti in due mesi di trattamento, partendo da quattro sedute a cadenza quindicinale.

Per informazioni più dettagliate e fissare un appuntamento, compila il modulo dalla pagina “contatti” del sito web oppure telefona in studio per una comunicazione più rapida.

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cicatrici da varicella

Cicatrici da varicella: eliminarle in età adulta

Cos’è la varicella?

La varicella è una malattia molto frequente nei bambini, il più delle volte si sviluppa proprio in quest’età e solitamente non provoca molti danni, tuttavia può presentarsi anche durante l’età adolescenziale o addirittura quando si è adulti, è giusto sapere che questa malattia risulta più pericolosa in un’età matura.

In cosa consiste la varicella?

La varicella si presenta con tante vescicole rosse che avvicinandosi al centro diventano giallastre su tutto il corpo, queste bolle piene di liquido provocano l’irritazione della pelle che si manifesta con un forte prurito.
Le vescicole in questione durano dai 7 ai 20 giorni per poi cadere, se la perdita di queste croste avviene in maniera naturale, non lasceranno alcun segno sulla pelle, se invece vengono rimosse prima della loro caduta spontanea, lasceranno delle cicatrici.

Resistere al prurito provocato non è molto semplice, infatti provocano così tanto fastidio da indurre il paziente a grattare con impeto la pelle lesionandola.
Se danneggiata la loro struttura naturale si va incontro a queste cicatrici, le quali risultano fastidiose dal punto di vista estetico.

Evitare le cicatrici di questa malattia non è così semplice, il prurito si manifesta con molta aggressività e spinge il paziente a raschiare con forza queste vescicole.

Una volta terminata la malattia potrebbero rimanere queste cicatrici, adesso ti mostrerò come prevenire ed eliminare i segni presenti sulla pelle.

Prevenire le cicatrici della varicella

Eliminare le cicatrici derivanti dalla varicella risulta essere un problema comune, sono in molti a soffrire di queste macchie sul corpo, questi possono essere su qualsiasi parte del corpo e risultano particolarmente fastidiosi se presenti sul viso.

Prima di eliminare le cicatrici, occupati di prevenirle: hai mai sentito il detto prevenire è meglio che curare?
Benissimo, ti mostrerò come evitare questi segni!

1) Resisti alla sensazione di prurito: quando si presenta questa malattia, il sintomo che si manifesta con maggiore violenza è la prurigine, per tale motivo verrà spontaneo grattarti. Numerosi studi hanno confermato la tesi che, raschiando la pelle la sensazione di prurito svanisce per pochi istanti, per manifestarsi nuovamente con maggiore impeto.

Come resistere al prurito? Quando si manifesta una malattia che provoca prurito e non dovresti grattarti, uno dei pochi rimedi che tu possa mettere in atto è l’utilizzo di un impacco freddo, ponendolo per 20-30 minuti sulla zona più pruriginosa (non utilizzare il contatto diretto, inserisci sempre un asciugamano), potrai avvertire un minore bisogno di grattarti.

2) Idrata la pelle tante volte per piccoli intervalli di tempo: la varicella è una malattia che manifesta come sintomo principale, il proliferare di vescicole pruriginose, queste non possono essere rimosse in anticipo altrimenti lasceranno il segno. Si può fare qualcosa per diminuire il fastidio e l’incombere di infezioni?

È molto semplice, sarà sufficiente lavarti ogni 3-4 ore, ti consiglio la doccia poiché rimani meno tempo esposto all’acqua: infatti stando per troppo tempo in acqua la crosta di queste vescicole si ammorbidirà rendendo più lungo il tempo necessario per guarire.

3) Cura le tue unghia e assicurati di lavare attentamente le mani: l’igiene delle mani è di fondamentale importanza durante lo sviluppo di questa malattia, esse sono il primo mezzo con cui entra in contatto la pelle, se queste dovessero essere sporche, entrando in contatto con la pelle potrebbero portare a complicanze ed infezioni. Per tale ragione, dovresti curare molto bene le mani e le unghia prima di ogni cosa, affinché tu possa evitare inconvenienti.

4) Non indossare vestiti particolarmente scomodi o fastidiosi: indossare questo genere di vestiti non fa altro che aumentare il rischio di far cicatrizzare la pelle, la spiegazione deriva direttamente dal materiale da cui sono composti, per esempio indossando un capo di lana il fastidio sarà smisurato, irritando la pelle e provocando ulteriore prurito.

Ti consiglio vestiti larghi fatti con materiali soffici, così da non irritare la pelle e non spingerti a raschiare la pelle.

Questi sono suggerimenti per trattare la malattia quando si sta ancora manifestando, se la malattia invece è già passata da tempo e ti sono rimaste le cicatrici, non resta altro che mostrarti i migliori metodi per eliminarle.

Eliminare le cicatrici da varicella

Le cicatrici dovute a questa malattia si presentano come dei piccoli crateri, rotondi e che sono scavati nella pelle, esistono alcuni metodi per alleviarli o eliminarli del tutto, vediamo quali sono.

Quando si parla dell’eliminazione delle cicatrici, bisogna essere certi della datazione di queste, una cicatrice fresca può essere affrontata con alcune pomate, applicandole per alcuni mesi in maniera costante il tessuto diventerà più elastico e riempirà questo buco scavato nella pelle.

Se invece si parla di cicatrici vecchie, si può ricorrere a strumenti come il laser, per livellare i bordi di questa rendendola meno evidente.

In altri casi può addirittura essere utilizzato l’acido ialuronico naturale, questo favorirà la formazione di questo tessuto mancante.
Prima di iniziare un trattamento consulta sempre un esperto per avere maggiore sicurezza.

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dermatite atopica

Dermatite atopica: cos’è e come si cura

Disagio da dermatite atopica? Ecco di cosa si tratta e alcuni consigli utili per combatterla

Chi soffre di dermatite atopica si ritrova ad avere a che fare con un fastidioso prurito, macchie rosse e croste in varie parti del corpo. Solitamente sono colpiti il viso, il collo, i polsi, le mani, le pieghe interne dei gomiti e delle ginocchia, le caviglie.

Questa malattia infiammatoria della cute si può manifestare in tenerissima età, a partire già dai primi mesi di vita del neonato durante i quali il piccolo non può ancora contare su un sistema immunitario funzionante a pieno regime. Il disturbo tende a risolversi durante l’adolescenza, tuttavia può ricomparire o fare la sua prima comparsa in età adulta.

Quali sono i sintomi della dermatite atopica?

Questa infiammazione della pelle, conosciuta anche come eczema costituzionale, si manifesta con notevole secchezza della cute, chiazze rossastre e prurito di intensità variabile, maggiormente fastidioso durante le ore del riposo notturno. Il bisogno di grattarsi frequentemente porta, inoltre, alla formazione di lesioni cutanee come croste e vescicole. La pelle risulta particolarmente irritata e ruvida al tatto e le macchie possono espandersi andando ad interessare consistenti zone cutanee “fuse” tra di loro.

Tale sintomatologia può accompagnarsi talvolta a forme di asma o rinite allergica, oltre che ad infezioni della pelle, conseguenza di una barriera cutanea scadente.

Dermatite atopica: fattori scatenanti

Per quanto riguarda le cause della malattia, esse vanno ricercate nel campo delle ipotesi. Pare piuttosto probabile l’esistenza di un fattore ereditario: chi ha sofferto di questo disturbo corre un rischio maggiore di trasmetterlo ai propri figli.

Un difettoso sistema immunitario può contribuire all’insorgere dell’infiammazione, dal momento che la pelle non è in grado di svolgere appieno la sua funzione di barriera protettiva.
Nel novero delle possibilità si inserisce anche lo stress o altri fattori emozionali, mentre pare assodato che le città maggiormente inquinate o caratterizzate da un clima freddo registrino un maggior numero di casi.

Dermatite atopica: come contrastarla

L’eczema costituzionale è un disturbo cronico, che può ripresentarsi nel tempo. È importante, quindi, conoscere ciò che si può fare per lenire i sintomi più fastidiosi e trasformare il disagio in qualcosa di gestibile.
Bisogna partire dal presupposto che chi soffre di eczema ha una pelle ipersensibile e, di conseguenza, vulnerabile e che mal sopporta il contatto con sostanze estranee, anche se non particolarmente irritanti. Come prendersene cura?

L’idratazione della cute è molto importante visto che la dermatite atopica genera secchezza, tuttavia è necessario applicare detergenti e creme specifiche, particolarmente delicate ed in grado di alleviare il prurito spesso intenso.

Sotto la doccia è meglio evitare l’uso di saponi, privilegiando invece prodotti poco aggressivi per la pelle. Sono consigliabili bagni o docce di durata limitata e non troppo frequenti.

Anche l’applicazione di creme emollienti sul corpo ancora umido può essere un valido aiuto per dare sollievo alla cute, contribuendo a rafforzarne il naturale ruolo di barriera protettiva.
Infine, è preferibile indossare indumenti in cotone (meglio se bianco), evitando che la pelle venga a contatto con tessuti sintetici.

Dermatite: consigli per affrontarla nel modo giusto

La dermatite atopica è piuttosto fastidiosa: l’eruzione cutanea che scatena può creare grossi disagi, soprattutto durante la bella stagione quando si vorrebbe andare al mare a rilassarsi. L’esposizione al sole non è sconsigliata, anzi può aiutare la malattia a regredire. Occorre, però, scegliere le ore meno calde del giorno e proteggere la pelle, in particolar modo quella dei più piccoli, con creme solari delicate e senza profumi.

La sabbia e l’acqua salata possono peggiorare l’irritazione della cute. Evitare il mare quindi? Niente affatto. Basta seguire alcuni semplici consigli: innanzitutto è meglio far seguire il bagno in mare da una doccia, in modo da iniziare a togliere dal corpo le tracce di salsedine.

Se necessario occorre cambiare il costume bagnato. La sera, a casa, è raccomandabile lavarsi con acqua tiepida utilizzando detergenti non aggressivi e usare sulla pelle asciutta un emolliente come doposole.

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Importanza dell’autovalutazione dei nei

Che cosa sono i nei

I nei si presentano come lesioni pigmentate dell’epidermide che derivano da uno sviluppo anomalo dei melanociti, cellule contenenti melanina.
Solitamente si presentano sotto forma di macchie rotondeggianti che differiscono tra loro sia per dimensioni che per colore.

Possono essere congeniti (presenti dalla nascita) oppure acquisiti (comparire spontaneamente durante la vita).

Nella maggior parte dei casi si tratta di formazioni di natura benigna che, pur derivando da una modificazione citologica, non presentano caratteristiche pericolose.

Molto raramente i nei possono degenerare in melanoma, una neoplasia della pelle molto grave che, a seconda degli stadi di evoluzione, comporta conseguenze cliniche di notevole entità.

Anche se l’eziologia dei nei non è del tutto chiara, esistono comunque alcuni fattori predisponenti alla loro comparsa, che sono:
– immunodeficienza;
– fattori genetici;
– esposizione alla radiazioni ultraviolette per tempi prolungati e senza adeguata fotoprotezione;
– alterazioni ormonali;
– particolari trattamenti farmacologici.

In questi casi, la melanina contenuta nei melanociti tende ad accumularsi, provocando una iperpigmentazione localizzata che da origine al neo.

Tipologie di nei

I nei vengono classificati in tre classi, e precisamente:
intradermici: sono tipici dell’età adulta e vengono caratterizzati da una proliferazione di melanociti a livello di zone poste sotto all’epidermide, che provoca lesioni lievemente rilevate e di colore marrone chiaro;
giunzionali: sono caratteristici dell’infanzia e derivano da una proliferazione localizzata sulla giunzione dermo-epidermica, che produce neo-formazioni appiattite, di colore tendente al nero;
composti: hanno caratteri intermedi tra i primi due.

Le caratteristiche principali dei nei si riferiscono alla forma, che può essere rotonda oppure ovale ed assumere un aspetto piano o rilevato rispetto alla superficie cutanea; alla tonalità cromatica che varia dal marrone al rosso al nero; alle dimensioni che sono comprese tra uno e sei millimetri; alla superficie che può apparire liscia, rugosa o anche ricoperta di peli.

Importanza della autovalutazione dei nei

La precauzione principale per scongiurare il rischio della degenerazione di un neo in carcinoma della pelle è quella di effettuare costantemente un’attenta valutazione del suo aspetto.

Infatti, mentre i nei benigni mantengono inalterata la loro conformazione (per dimensioni, forma e colore) per tutta la vita, quelli ad elevato grado di malignità mostrano tendenza a modificarsi entro un breve lasso di tempo.

Una scrupolosa auto-analisi di tutte le parti del corpo consente pertanto di scoprire tempestivamente i segnali caratteristici della degenerazione maligna di un neo.

Una lesione sospetta si distingue per alcuni tipici segnali, che sono:
– forma asimmetrica ;
– bordo frastagliato, con eventuali incisure;
– tonalità cromatiche che variano dal nero al rosso, bianco oppure bruno;
– diametro superiore a 6 millimetri;
– trasformazione dell’aspetto (sollevamento dalla superficie cutanea);
– modificazione di consistenza (più dura o più morbida);
– comparsa di prurito e dolore;
– desquamazione;
– ulcerazione con sanguinamento.

Per valutare clinicamente l’aspetto dei nei è necessario sottoporsi a regolari visite dermatologiche durante le quali lo specialista effettua un esame dermatoscopico che, grazie alla documentazione fotografica, è in grado di identificare e monitorare la presenza di anomalie.

Nell’intervallo tra due visite dermatologiche risulta di grande importanza eseguire un’autovalutazione dei nei, che chiunque può mettere in atto mediante una semplice osservazione dell’epidermide.

Come effettuare l’autovalutazione dei nei

Per realizzare una corretta autovalutazione dei nei è necessario seguire la famosa “Regola dell’ABCDE“, che rappresenta il primo step che ognuno deve affrontare prima di rivolgersi allo specialista.

La regola dell’ABCDE si basa su cinque presupposti da analizzare, che sono:
– A come asimmetria
indica un accrescimento non uniforme del neo, che appare formato da due metà molto differenti tra loro;
– B come bordo
consiste in un’evidente irregolarità del margine della lesione;
– C come colore
di solito le tonalità molto scure e tendenti al nero-blu sono indicative di lesioni a rischio;
– D come dimensioni
risulta preoccupante un neo con dimensioni superiori a 6 millimetri;
– E come evoluzione
assume un carattere diagnostico la modificazione d’aspetto di un neo in un breve lasso di tempo (da sei a otto mesi).

Tutte le volte in cui un soggetto si rende conto che l’aspetto di uno o più nei si è modificato, oppure che sono subentrati segnali sospetti collegabili alle caratteristiche sopra elencate, è indispensabile effettuare al più presto una visita dermatologica.

Lo specialista, infatti, mediante apposite attrezzature, è in grado di effettuare una diagnosi precisa ed attendibile sulla presenza di lesioni neoplastiche oppure che stanno per trasformarsi in esse.

Pur trattandosi di una forma tumorale particolarmente aggressiva, il melanoma può venire curato con successo, a patto che la sua diagnosi sia eseguita tempestivamente.

Infatti se la lesione neoplastica non ha ancora raggiunto gli strati più profondi dell’apparato cutaneo, intervenendo tramite escissione chirurgica, è possibile asportare completamente la neoformazione prima che sia in grado di seminare metastasi nel torrente circolatorio.

Tra tutti i tipi di carcinoma della pelle, il melanoma è l’unico a metastatizzare e quindi la sua pericolosità risulta molto maggiore rispetto agli altri tumori della pelle.

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Come fare test malattie veneree

Malattie veneree: come diagnosticare la presenza di patologie sessualmente trasmissibili

Le malattie veneree vengono generalmente definite malattie sessualmente trasmissibili, poiché possono essere trasferite da una persona all’altra al momento del rapporto sessuale, o in generale con lo scambio di fluidi corporei (tra cui il sangue e, in alcuni casi, la saliva).

Sono causate da microrganismi, benché questi possano essere di natura diversa; alcune malattie sono da imputare a batteri, altre a funghi e altre ancora alla presenza di virus. Generalmente, l’impiego di una protezione come il preservativo è sufficiente a ridurre in maniera importante il rischio di contagio, tuttavia è sempre bene sottoporsi a un test per la diagnostica delle più comuni patologie veneree dopo un rapporto occasionale (anche se protetto), per scongiurare l’eventuale rottura del profilattico.

In ogni caso, non devi preoccuparti: se sospetti di essere stato/a infettato/a, prenota una visita da uno specialista per scongiurare ogni tipo di contagio o per combattere in tempo la malattia.

Diagnosticare le malattie veneree di origine batterica

Per le infezioni di natura batterica, come ad esempio la clamidia (causata dal batterio Chlamydia trachomatis) o la gonorrea (il cui responsabile è il batterio Neisseria gonorrhoeae) è necessario sottoporsi a un tampone. Specificamente, nel caso delle donne il tampone può essere vaginale o uretrale, mentre per gli uomini è necessariamente uretrale. Nel caso della gonorrea, può essere effettuato anche un tampone rettale o faringeo.

Successivamente, questi tamponi vengono sottoposti a una crescita colturale, oppure possono essere analizzati in laboratorio mediante dei kit molto rapidi che permettono di fornire una risposta in poche ore. Nel caso della clamidia, una delle più recenti e innovative metodiche di diagnosi consiste nella ricerca di anticorpi anti-clamidia (anche se in questo caso non si può quantificare la concentrazione del batterio).
In entrambi i casi possono essere necessari più tamponi, poiché non è sempre possibile ritrovare i microrganismi a causa della loro bassa concentrazione. Un altro elemento che accomuna le due malattie è la possibilità di effettuare anche un’analisi delle prime urine espulse durante la minzione per la ricerca dei microrganismi.

Si tratta, in ogni caso, di metodi di prelievo poco invadenti, che possono essere effettuati durante una comune visita ginecologica o andrologica, o dal paziente in autonomia (seguendo le istruzioni specifiche).

Diagnosticare le malattie causate da funghi

Il principale fungo che causa una malattia nell’uomo appartiene alla specie Candida albicans, il quale provoca la cosiddetta candidosi.

Per la diagnosi della candida, sia nell’uomo che nella donna, è innanzitutto necessario sottoporsi a una visita ginecologica o andrologica, esponendo tutti i sintomi di cui si soffre. È bene ricordare che molto spesso la candidosi può essere asintomatica (anche se il paziente che presenta il fungo può contagiare il partner ripetutamente). Nel caso in cui la malattia si manifesti, i sintomi sono generalmente prurito, bruciore (anche durante l’atto sessuale), arrossamento, e secrezioni biancastre nelle donne, mentre nell’uomo alcuni di questi sintomi possono essere sostituiti dalla comparsa di piccole piaghe.

Dopo una prima descrizione dei sintomi, lo specialista può prelevare le secrezioni vaginali o lo smegma e osservarli al microscopio, per evidenziare nello specifico la presenza di ife. Successivamente, è possibile eseguire un tampone vaginale o uretrale, da sottoporre a coltura per verificare la crescita e la concentrazione delle cellule fungine.

Diagnosticare le malattie virali

Nell’ambito delle malattie virali che possono essere trasmesse sessualmente, vi sono una serie di sindromi che provocano danni molto importanti. Tra tutti, ad esempio, vi sono il Papilloma virus, l’epatite B e C e il virus dell’HIV.

Per quanto riguarda il Papilloma virus, che è molto più pericoloso nelle donne in quanto può causare un cancro al collo dell’utero, è possibile diagnosticarlo attraverso il Pap-test. In alternativa, è possibile prelevare frazioni di tessuto da sottoporre a biopsia, oppure è possibile ricercare negli stessi il DNA virale.

Se vuoi ricercare la presenza del virus dell’epatite B, è necessario che tu ti sottoponga a un prelievo di sangue venoso, in seguito a un digiuno di almeno 8 ore. La ricerca del virus che causa la malattia che si manifesta solitamente con l’ingrossamento del fegato prevede il rilevamento ed eventualmente la conta di antigeni del virus, anticorpi prodotti dalla risposta immunitaria dell’organismo e il DNA virale caratteristico.

Di certo è di fondamentale importanza che tu ti sottoponga periodicamente, nel caso di rapporti occasionali e/o non protetti, al test per la ricerca del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Questo virus, correlato all’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita), ha spaventato moltissimi giovani negli anni ’80, ma oggi la sua presenza può essere evidenziata in maniera molto repentina, e i suoi effetti possono essere controllati efficacemente.

Vi sono due tipi di indagine per la ricerca del virus dell’HIV: quella immunologica e quella virale.

L’indagine immunologica consiste nella ricerca degli anticorpi prodotti dall’organismo umano, la cui sintesi è indotta dal virus; generalmente gli anticorpi sono visibili dopo poche settimane dal contagio, ma una risposta assolutamente certa si ha dopo 6 mesi dal presunto contagio.

L’indagine virologica, invece, permette di individuare l’RNA virale nonché la sua concentrazione e dunque, in maniera indiretta, fornisce un’indicazione di massima in merito alla quantità di agente virale presente per ml di sangue.

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